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Il mio più grande incubo: LA SCUOLA

Sono sempre stata una secchiona. Di quelle da ore sui libri, di quelle che anche all'università sotto il ventisette non se ne parla.

Eppure il mio più grande incubo è stato proprio la scuola. È ancora la scuola. Del tipo che sogno di notte di cercare un bagno all'interno dell'edificio scolastico e trovo solo gabinetti a vista, mentre quelli chiusi sono terribilmente sporchi o occupati. E mi faccio la pipì addosso. Ma pure nella realtà. Non scherzo, è successo mentre cercavo di portare avanti il mio percorso per la seconda laurea triennale (perché una non bastava!). Non lo racconto con orgoglio, no, me ne vergogno, ma ho deciso di mettere tutte le carte in tavola e quindi la racconto così, per come è. Ho dovuto interrompere gli studi per farlo smettere! Far smettere il sintomo eh, perché il sogno torna spesso, torna sotto altre forme: a volte devo per forza fare un esame di maturità anche se so di averlo già fatto, a volte sono un'insegnante, ma non trovo la classe o mi ritrovo in situazioni che non sono in grado di gestire.

Eppure sono sempre stata una secchiona. Massimo dei voti, sempre. Per me lo studio è sempre stato un dovere, un dovere quasi sacro. E sono stata odiata dai miei coetanei per questo. Odiata perché per me il fallimento non è mai stato un'opzione, perché nemmeno la trasgressione lo è mai stato. Ligia al dovere, sempre!

E no, questo non ha mai significato affrontare le prove a testa alta, con sicurezza, con beffa. Ha significato terrore puro ad ogni interrogazione, ad ogni esame! E odio, odio profondo per quei voti. Odio profondo per il giudizio. Come se io fossi stata quei voti. Perché anche per gli adulti i voti erano tutto, non poteva che essere quello il modo per esprimere il proprio valore! Sapevo di non essere un numero, eppure a nessuno importava, nessuno avrebbe mai ascoltato più di tanto o letto più di tanto dietro gli sguardi, dietro le crisi, le discussioni in classe, i comportamenti. Soprattutto dietro a quelli apparentemente apprezzabili!

E così, io che tanto avrei voluto fare l'insegnante, ho deciso che non sarei stata parte di questo modo di fare scuola. E ho scelto l'educazione. No, non quella tradizionale, con quella siamo punto e a capo, con quella di solito scegli uno standard più che la relazione. Ma io ho scoperto di essere relazione, umanità, emozioni, desideri, voglia di accogliere ed essere accolta! E così eccomi, a lottare per un modo di stare nel mondo dove nessuno debba sentirsi un numero, dove la relazione, anche tra educatore/insegnante e studente viene prima di tutto. Dove la persona, nella sua individualità, con la sua storia e il suo sentire è messa al centro. Insieme possiamo costruire una realtà così, trasformare la scuola in un bel sogno, piuttosto che in un incubo. E chi lo dice che un bel sogno, come un bel cammino, non possa essere fatto anche di fatica, di impegno, di collaborazione, di attenzione, di crescita, di autoeducazione?

Esiste un modo di fare istruzione in grado di tenere presente chi siamo e chi vogliamo essere. E siamo noi stessi a doverlo promuovere! A doverlo costruire!

 
 
 

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